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mercoledì 15 settembre 2010

Vernor Vinge - "Alla Fine dell'Arcobaleno"

Autore: Vernor Vinge
Titolo: "Alla Fine dell'Arcobaleno"
Edizione: Mondadori - Urania n° 1561
Anno: 2010

Son rimasto un po' deluso da questo libro, forse per l'aspettativa con cui mi ci sono accostato, forse per via di quel "vincitore del premio Hugo" che cappeggia in copertina. 
Di certo anche la traduzione e l'edizione non hanno aiutato, con il risultato, quindi, che il romanzo non è stato del tutto godibile. Frasi grammaticamente scorrette (che pregiudicano la comprensione) ed errori di battitura (che spesso non fanno capire dove inizino i discorsi e dove finiscano o chi parla), pullulano per tutto il volume. Inoltre, come si è scoperto un po' per vie traverse (e che ha dato origine a una lunga querelle sullo stesso Blog di Urania), la traduzione italiana è decisamente più corta rispetto all'originale. Che questo abbia portato a tralasciare parti importanti, a creare buchi nella storia o se, al contrario, abbia aiutato a rendere più leggero e fruibile il volume, non lo sappiamo, quindi non esprimeremo un giudizio in merito. Tutti questi elementi messi insieme, soprattutto i primi elencati, però, non hanno sicuramente giovato alla lettura (spesso claudicante), al libro in quanto tale e, per finire, alla sua stessa comprensibilità. 
Inoltrandosi nel libro, inoltre, ai problemi appena enunciati se ne aggiungono altri. La storia, la sua progressione narrativa, zoppica un po'. Soprattutto assomiglia, forse un po' troppo, a un plot che negli ultimi anni ha preso un certo piede e che alcuni telefilm americani dell'ultima generazione hanno riproposto ormai in tutte le salse. Personaggi diversi, con interessi e motivi differenti, finiscono tutti per confluire verso lo stesso finale. Una struttura piuttosto classica e che, in genere, funziona.
A rendere avvincente la narrazione, di solito, oltre al carisma dei personaggi, sono le vicende che si trovano ad affrontare. A questo si aggiunge spesso il pathos derivante da un evento che appare inevitabile e verso cui tutti sono trascinati nonostante i loro sforzi per evitarli, in alternativa sostituito, eventualmente, da un qualche finale a sorpresa con colpo di scena.
Peccato, quindi, che in questo caso la maggior parte dei personaggi risultino del tutto estranei ai lettori, le vicende non coinvolgano più di tanto (se non un po' verso la fine, quando finalmente comincia a succedere qualcosa) e che il finale non rispondesse a nessuna delle due opzioni appena enunciate. La fine, infatti, è evidente fin dall'inizio, ma manca totalmente di pathos. Non vi è, inoltre, mistero o curiosità su come le vicende di tutti finiranno a convergere (dato che anche questo elemento è praticamente subito esplicitato appena ogni personaggio entra in scena). Infine la conclusione non ha alcun colpo di coda che possa sorprendere il lettore, ma si limita a chiudere tutta la vicenda come ci si aspettava fin dall'inizio.
Inoltre, come in quei telefilm di cui parlavamo, mancano anche diverse informazioni su alcuni filoni narrativi che non vengono conclusi. Nel caso dei prodotti per la tv si tratta di scelte in vista di un seguito, di una stagione successiva: qualcosa, quindi, è necessario lasciare in sospeso per attirare il telespettatore... ops, pardon, il lettore. Nel caso di questo libro, invece, nato per essere fine a se stesso e non l'inizio di un ciclo, non è chiaro se questi buchi fossero già presenti in origine o derivino dai tagli operati in sede di condensazione per l'edizione italiana. Visti gli altri difetti presenti, però, saremmo portati a ritenere che la prima ipotesi non sia del tutto da scartare.
"Alla Fine dell'Arcobaleno", in questa edizione, quindi, è un romanzo che risulta estremamente dettagliato e convincente nella descrizione del salto tecnologico e di questa "realtà aumentata" vivibile attraverso l'uso di hardware indossabili, ma deficia sotto il profilo della mera narrazione. Da un premio Hugo, sinceramente, ci si aspetterebbe qualcosa di più, quantomeno un migliore equilibrio tra le varie parti che concorrono a comporre il romanzo. 
Indubbiamente la riflessione che sorge più spontanea al termine della lettura è: "se questo era il migliore... mala tempora currunt!"

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