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venerdì 25 marzo 2011

Francesco Barbi - "L'Acchiapparatti"

Autore: Francesco Barbi
Titolo: "L'Acchiapparatti"
Edizione: Baldini Castoldi Dalai
Anno: 2010

Dopo averne letto tanto e tanto bene, in giro per la rete, immagino che qualche aspettativa dovessi avercela nell'approcciarmi a questo libro. 
Come sempre, maggiori son le attese e più grandi son le delusioni. Che poi, proprio di delusione non si tratta. Solo che dopo aver sentito decantare le lodi di un libro a destra e a manca, sentirselo presentare come una rivoluzione nel campo del fantasy, un capolavoro della letteratura italiana e forse non solo, ci si rimane male ad aver per le mani un romanzo che è solo "bellino". 
Certamente un po' ha raffreddato il mio entusiasmo anche la scelta (mi pare evidente che fosse tale) di far sbagliare frequentemente i congiuntivi ai personaggi che parlano. Il motivo è semplice: far capire al lettore la diffusa ignoranza. Il problema è che a me, quel "che è" ricorrente, ha dato proprio fastidio rallentandomi, non poco, la lettura, facendomi perdere il ritmo per soffermarmi su quel passaggio che "non mi suonava". 
Ecco, forse l'autore avrebbe dovuto privilegiare un po' di più il gusto della lettura e un po' meno il realismo delle scene. Se avesse scelto di caratterizzare solo qualche personaggio in particolare con un modo di esprimersi grammaticamente scorretto, avrebbe probabilmente ottenuto lo stesso effetto senza penalizzare il lettore. 
Al di là di questa digressione linguistica, il libro scorre bene e presenta dei bei personaggi. Nulla che faccia gridare al miracolo per originalità e/o caratterizzazione (dato che alcuni di essi, come il cacciatore di taglie Gamara, son decisamente stereotipati), ma meritevoli di una laurea in psicologia rispetto a certi altri romanzi fantasy italiani dell'ultimo periodo.
Anche sotto il profilo della trama e dello srotolarsi dell'intreccio, sembra esserci qualcosa che non va. Non è qualcosa che, a mio avviso, si coglie subito, bisogna soffermarcisi sopra un po' a riflettere. Il fatto è che il romanzo inizia concentrandosi su di un personaggio che, a tutta prima, sembrerebbe poter o dover essere il protagonista. Non è che lo si possa definire simpatico, eroico o che abbia qualche altra qualità, anzi, a dirla tutta si fa fatica a parteggiare per lui. Si tratta, però, di una sorta di escluso (per l'aspetto e il carattere) e questo ci fa, implicitamente, pensare che ci sarà un'evoluzione del personaggio. Oltre a questo è anche in copertina e, anche se il titolo è un altro, l'attenzione si focalizza automaticamente su di lui.
In effetti una evoluzione c'è, ma non è proprio quella che ci si aspetterebbe. Soprattutto, questa evoluzione porta il baricentro del libro a spostarsi verso un altro personaggio che sembra divenire il nuovo protagonista suo malgrado. Dico così perchè gli eventi sembrano accadere attorno a lui senza che lui ci metta minimamente mano e, oltretutto, dopo esser parso avulso dalle vicende per tutto il libro in quanto, in pratica, non presente con la testa, nell'epilogo sembra divenire improvvisamente sano di mente, quando non addirittura saggio.
Ecco, questo passaggio in corsa da un protagonista all'altro fa un po' storcere il naso, quasi che lo scrittore fosse partito con delle idee, ma queste, in corso d'opera, gli fossero sfuggite di mano. Può capitare che un romanzo o dei personaggi prendano vita propria e il finale non sia quello inizialmente pensato, ma se succede bisognerebbe avere l'accortezza di rimettere mano a tutto lo scritto in nome della coerenza.
"L'Acchiapparatti", quindi, non è il capolavoro (né di trama, né di scrittura) che molti in rete descrivono, ma, come intrattenimento, funziona tutto sommato bene e riesce a regalare al lettore diverse ore di evasione dalla realtà. Se è questo ciò che cercate in un libro, allora fa per voi. Se, invece, cercate anche altro, allora, forse, vi conviene rivolgervi altrove, ma, almeno in ambito fantasy italiano, son pochi i romanzi che potrebbero fare al caso vostro.

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