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domenica 26 agosto 2012

Haruki Murakami - "La Fine del Mondo e il Paese delle Meraviglie"

Autore: Haruki Murakami
Titolo: "La Fine del Mondo e il Paese delle Meraviglie"
Edizione: Einaudi - Tascabili
Anno: 2008

Mah. Forse mi aspettavo di più. O forse, semplicemente, mi aspettavo qualcosa di diverso. 
Fatto sta che questo mio primo incontro con Haruki Murakami non è stato del tutto soddisfacente, almeno per il sottoscritto. 
Ma quali sono i problemi del libro? Certamente non il fatto di esser scritto male, infatti lo stile è sempre molto elegante e scorrevole. Anche nei punti in cui la cultura orientale (fatta di usi e costumi, modi di dire, etc.) diventa fonte di piccole possibili incomprensioni per il lettore occidentale, la lettura prosegue senza intoppi. 
La storia, inoltre, è interessante e la dicotomia tra "interno" ed "esterno" del protagonista (nessuno spoiler, fa di peggio la quarta di copertina, da questo punto di vista), per quanto intuibile già dai primi capitoli, lascia presagire sviluppi imprevisti. 
Il problema, però, salta fuori proprio a questo punto. 
Non mi riferisco tanto ad alcune digressioni filosofico-esistenzialiste che ad alcuni potranno piacere moltissimo, mentre ad altri potrebbero risultare piuttosto ripetitive e noiose (appartengo a questo secondo gruppo). Il fatto è che la trama, la svolta definitiva, la rivelazione, tutto quanto si esaurisce già nella prima metà del romanzo. Come si diceva, poi, il colpo di scena è anche ampiamente previsto, ma il lettore prosegue perchè convinto che lo aspetti ben altro, che si arrivi a un nuovo livello. 
Invece tutto questo non accade. Una volta sganciata la bomba, la parte rimanente del libro è un lento trascinarsi verso l'inesorabile fine. Perfino l'ultimo, definitivo, colpo di scena che pone fine a tutto, più che una sorpresa appare quasi come un dovere. L'unico sistema per chiudere il libro, terminarlo lì su due piedi, perchè succedesse qualcosa d'altro non saprebbe come cavarsela. 
Per certi versi è un libro molto "straniero", perchè la cultura che anima e che fa muovere i personaggi è ben diversa dalla nostra. Ma questo giustifica solo fino a un certo punto certe scelte di trama e di svolgimento della storia. 
Forse un giapponese potrebbe trovare più significati simbolici e metafisici di un occidentale in quel finale, ma il sospetto è che lo troverebbe ugualmente insoddisfacente.

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