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mercoledì 17 ottobre 2012

Valerio Evangelisti - "Rex Tremendae Maiestatis"

Autore: Valerio Evangelisti
Titolo: "Rex Tremendae Maiestatis"
Edizione: Mondadori - Strade Blu Dark
Anno: 2010

Decimo capitolo del ciclo di Nicolas Eymerich, ma anche ultimo capitolo della saga dell'inquisitore. 
Ammetto di essere molto legato a questi libri e a questi personaggi, per cui è difficile riuscire a rimanere del tutto oggettivi scrivendo queste parole. D'altra parte è altrettanto difficile rimanere indifferenti di fronte a questa lettura e non pensare a questo ultimo romanzo come al capolavoro dello scrittore bolognese, capace di essere degna conclusione e, al contempo, nuovo inizio del ciclo. 
Ma andiamo con ordine. 
Inutile sforzarsi di dare una infarinatura della trama, chi ha mai preso in mano uno dei romanzi del ciclo di Eymerich, sa che le vicende non sono quasi mai lineari, ma il frutto di avvenimenti che accadono in tempi e luoghi diversi, distanti migliaia di chilometri o centinaia (se non migliaia) di anni. Eppure questi fatti hanno una eco capace di influenzare, istantaneamente, gli altri, spesso con un ordine che potrebbe apparire a-cronologico. Cercare, quindi, di esplicare in poche parole la storia alla base del romanzo rischierebbe di risultare come una sequenza di spoiler del tutto inutili. 
Meglio, piuttosto, concentrarsi sugli argomenti su cui si basa il libro e parlare di quelli. Già, perchè "Rex Tremendae Maiestatis" non è solo una delle indagini più interessanti e complicate dell'inquisitore, ma anche una sorta di libretto delle istruzioni per meglio comprendere tutti gli altri volumi della saga. Proprio in questo sta la grandezza di questo romanzo, nel fornire una sorta di nuova chiave di lettura per tutti i precedenti capitoli del ciclo. Una conclusione, quindi, ma anche un nuovo inizio, una nuova luce attraverso la quale leggere e rileggere tutti i libri (magari nel corretto ordine cronologico degli avvenimenti e non quello in cui son stati scritti), in un vero e proprio serpente che si morde la coda: l'ouroboros (non a caso più volte citato nel romanzo), simbolo di ciclico ed eterno alternarsi di inizio e fine, alfa e omega. 
Le qualità, naturalmente, non si esauriscono qui, ma meglio lasciare al lettore il piacere e l'emozione di scoprirle da solo. 
Al termine della lettura, però, rimane pur sempre un piccolo rimpianto, quello di aver detto addio a un personaggio unico che, nel bene e nel male, avevamo imparato ad apprezzare e, perchè no, ad amare. Inutile cercare di nascondere il magone, come quando si saluta un vecchio amico, sapendo che non tornerà. Si può solo cercare di mitigarlo riprendendo in mano "Nicolas Eymerich, Inquisitore".

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